Le foto delle vacanze dei tuoi amici alle Maldive, Mar Rosso o Sardegna ti hanno fatto venir voglia di esplorare i fondali marini e stare faccia a faccia con pesci meravigliosi? Ecco qualche cosa da sapere sull’immersione subacquee.
Un po’ di storia
L’uomo condivide con pochi altri mammiferi la capacità di trattenere il respiro in acqua, detta riflesso di immersione, che ci permette di esplorare l’ambiente subacqueo. Grazie a questa peculiarità l’uomo ha iniziato a fare le prime immersioni in apnea per soddisfare le proprie necessità alimentari e procacciarsi cibo. Questa esigenza, affiancata nel corso del tempo da altre esigenze di natura bellica, ha portato allo studio e alla creazione degli strumenti che permettessero all’uomo di prolungare la permanenza sott’acqua. Questi strumenti hanno spinto la diffusione di questa pratica anche in ambito sportivo e turistico, anche in modo piuttosto vasto, e oggi è considerata alla portata di tutti anche di individui con gravi disabilità motorie. La diffusione dell’attività non può però mai prescindere dal rispetto delle norme di sicurezza, dalla conoscenza delle leggi fisiche e scientifiche che la governano e dalla conoscenza delle procedure di emergenza.
Cos’è
Al contrario di nuoto o snorkeling questa attività prevede l’immersione completa del corpo umano in un ambiente liquido. Accanto alla forma in apnea, più complessa e impegnativa da un punto di vista fisico e mentale, c’è quella con autorespiratore ad aria, più facile e diffusa. Il subacqueo si immerge provvisto di una bombola di dimensione variabile contenente aria compressa a 200 atmosfere e corredata da un’attrezzatura, detta erogatore, che ha lo scopo di ridurre la pressione dell’aria compressa presente nelle bombole alla pressione ambiente e di erogare aria quando richiesta dal subacqueo. Possono essere effettuate immersioni anche con miscele di gas diversi dall’aria: si parla di autorespiratore ad ossigeno (ARO) oppure di immersioni fatte con miscele particolari come l’Enriched Air Nitrox (EAN), che permette immersioni più sicure o più lunghe ma a profondità massime inferiori, o infine il Trimix, che permette il raggiungimento di profondità più elevate. L’utilizzo di entrambe queste miscele richiede una formazione apposita e si configurano come immersioni tecniche.
Il nuovo ambiente
Particolare forse superfluo da sottolineare ma necessario: nel momento in cui ci si immerge, il fluido che ci avvolge è l’acqua, molto più denso dell’aria, la nostra abituale miscela di gas che è parte essenziale della nostra esistenza su questo pianeta. Pertanto il nostro organismo viene sottoposto a importanti variazioni fisiche e fisiologiche dovute alla pressione che influiscono su movimenti, vista, udito e temperatura. L’ambiente, insolitamente denso, ti impone movimenti lenti ed idrodinamici, quelli bruschi non avvantaggiano, anzi frenano la capacità di penetrazione nel fluido, e provocano un affaticamento che rappresenta un notevole svantaggio per l’attività. Quindi la bravura di un subacqueo si misura soprattutto in funzione della sua capacità di muoversi con armonia e sfruttare la resistenza offerta dall’acqua come un supporto. Per quanto riguarda la vista va ricordato che gli occhi, a contatto con l’acqua, perdono la capacità di mettere a fuoco quindi per vedere in condizioni di quasi normalità si usa una maschera subacquea, che abbia la possibilità di essere compensata, il che implica uno spazio apposito in cui contenere il naso. Subentra poi un problema fisico (la rifrazione) per cui le immagini appaiono più vicine e più grandi di un terzo rispetto alla normalità. In acqua i suoni sono trasmessi a una velocità nettamente superiore a quella dell’ambiente aereo (4 volte più velocemente), proprio per effetto del maggiore modulo di incompressibilità dell’elemento liquido. A causa di questa maggior velocità i suoni sono trasmessi si perde la capacità di individuare la direzione da cui essi provengono: attenzione a motoscafi e gommoni in agguato sopra le teste dei subacquei! Infine occhio alla temperatura: rispetto all’aria l’acqua ha una maggior capacità di disperdere il calore del corpo umano (circa 25 volte più velocemente). Questo è il motivo per cui ci si deve proteggere con indumenti specifici (mute) anche per immersioni poco profonde ed in acque temperate. Solo nelle acque di alcuni mari tropicali, particolarmente caldi, si può sfuggire a questa regola ma in ogni caso è sempre opportuno indossare indumenti protettivi, per evitare possibili abrasioni o ferite.
Rischi e i possibili problemi fisici
Questa attività sportiva si svolge in un ambiente se non proprio “ostile” quantomeno difficile, come appena detto, che comporta modifiche al nostro corpo. Possono subentrare poi rischi legati all’ambiente come le acque inquinate o le imbarcazioni che non rispettano i limiti rispetto ai sub: chi si immerge deve avere una boa e le imbarcazioni devono stare a 50 metri da questo riferimento. E dato che si usa un’attrezzatura speciale si possono verificare anomalie tecniche e guasti pertanto occorre sempre fare una buona manutenzione ed effettuare controlli periodici. Ma i rischi maggiori sono legati all’insorgere di patologie anche piuttosto gravi quali la malattia da decompressione (Mdd) che si manifesta se si superano i tempi prestabiliti di immersione, quando si risale troppo in fretta, invece di procedere a 9/10 metri al minuto. Se si risale troppo velocemente, l’azoto in eccesso – che di solito viene depositato in forma liquida nel sangue e nei vari tessuti – può liberarsi in forma gassosa e provocare bolle pericolose. Le conseguenze della Mdd sono varie: debolezza, formicolio, disorientamento, intorpidimento, dolore alle articolazioni e alle giunture, fino a difficoltà respiratorie, paralisi, perdita di conoscenza e morte. Se la Mdd si manifesta, il paziente viene sottoposto a trattamento in camera iperbarica. La sovradistensione polmonare è una vera e propria rottura dei polmoni causata dall’espansione dell’aria nel tessuto respiratorio. Rappresenta uno dei più gravi incidenti che possano capitare ad un sub. La patologia è difficile da curare, ma facile da evitare. L’importante è continuare a respirare sempre e non trattenere mai il respiro mentre si tiene in bocca l’erogatore. Infine da segnalare la narcosi da azoto che produce una reazione intossicante nel sub, ubriacandolo e facendogli perdere lucidità, quasi fosse in preda a sostanze stupefacenti. Per evitarla basta mantenersi entro certi limiti di profondità, in modo da non intossicarsi con quantità di azoto superiori a quelle che il nostro corpo può sopportare.
Didattica e brevetti
La pratica dell’attività subacquea in Italia non è vincolata ad alcun obbligo di detenzione di brevetto, è però consigliabile frequentare corsi appositi per apprendere la teoria e la tecnica. Da un punto di vista della didattica si distinguono i cosiddetti brevetti federali, rilasciati cioè da organismi riconosciuti e affiliati alla CMAS (Confédération mondiale des activités subaquatiques) come la FIAS (Federazione Italiana Attività Subacquee), la FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee) oppure ANIS (Associazione nazionale istruttori subacquei), dai cosiddetti brevetti commerciali, rilasciati da svariati organismi internazionali.
Come per tutte le pratiche sportive anche l’immersione subacquea non è esente da rischi, come appena visto. Per non farti rovinare la tua esperienza sotto il mare sottoscrivi per tempo una polizza Multisport qui.